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Diretta Damilano - Enrico Torlo igor Damilano
Operazione pienamente riuscita quella di riportare a Trieste la “Lucrezia Borgia” dopo quasi 150 anni dalla sua ultima rappresentazione a Trieste, nel 1871. Un ‘opera che fu il primo grande successo di Gaetano Donizetti alla Scala, nel 1833, su libretto di Felice Romani, tratto dal romanzo omonimo di Victor Hugo, e che poi scivolò lentamente nel dimenticatoio. Il soggetto scabroso (Lucrezia, l’avvelenatrice figlia di Papa, e del suo figlio segreto Gennaro), le difficolta tecniche e uno stile ibrido di composizione, a metà tra belcanto e romanticismo, la misero a poco a poco in ombra. Un destino che appare oggi difficile da capire dopo aver visto il nuovo allestimento del Teatro Verdi, in coproduzione con diversi altre Fondazioni liriche italiane. Merito sicuramente della attenta direzione d’orchestra del maestro Roberto Gianola, la cui carriera personale è già costellata di successi in tutto il mondo, che a Trieste ha messo in luce la sensibilità drammatica e l’eleganza compositiva dello spartito di Donizetti. Merito anche della bravura del cast in scena e da una regia, dal taglio moderno, dal sapore squisitamente cinematografico, firmata dal giovane trentino Andrea Bernard. Una regia accurata la sua, che ha dato vita a un allestimento scenico, con le scene di Alberto Beltrame, essenziale e simbolico, a tratti visionario: una scatola buia nera, illuminata da tagli di luce dal sapore caravaggesco (di Marco Alba), nella quale appaiono e scompaiono pochi oggetti. Unico elemento splendente una porzione di soffitto, mobile e a cassettoni, a definire l’odiato palazzo dei Borgia a Ferrara. A impreziosire tale sintesi i costumi, eleganti e allusivi di Elena Beccaro.
In tale sintesi, che lascia tutto all’immaginazione, l’effetto scenico complessivo è armonico e misurato; qui possono muoversi liberamente, sapientemente coreografati da Marta Negrini, la passionale Lucrezia di Carmela Remigio, una delle migliori voci da soprano attualmente in circolazione, carismatica, perfetta e potente al pari del Gennaro del tenore Stefan Pop. I due regalano insieme un’esibizione ricca di intensità interpretativa e arrivano per loro numerosi gli applausi a scena aperta. Non sono da meno le interpretazioni del contralto Cecilia Molinari, strabiliante nel ruoloen travestìdell’ambiguo amico di Gennaro, Maffio Orsini, e il basso Dongho Kim al suo debutto a Trieste nel ruolo di Don Alfonso.
Ne viene fuori una storia potente, un dramma cupo dai tratti e intensità degna di un thriller psicologico, nel quale unica luce e fonte di amore, unica certezze è quello dell’amore materno, unico vero amore di Lucrezia Borgia e la modernità del suo personaggio, donna coraggiosa e una delle poche donne potenti in Italia, eroina di una storia di amore materno, struggente, che resta universale al pari di quella della crudele Medea.
Due le compagnie di canto impegnate anche questa volta. Nel ruolo della protagonista si alternerà a Carmela Remigio, Lidia Fridman, giovanissimo soprano russo. Vestirà i panni di Don Alfonso anche Abramo Rosalen, e Deniz Leone quelli di Gennaro alternandosi a Stefen Pop. Nel ruolo di Maffio Orsini anche Veta Pilipenko.
Si replica sino al 25 gennaio al Teatro Verdi Trieste.
Foto di Fabio Parenzan.
Scritto da: Monica Ferri
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