
Trieste in Meta: dove il rugby diventa inclusione, gioco e comunità Maria Musil
A Trieste c’è un progetto che sta cambiando le regole del gioco, e non solo sul campo da rugby. Si chiama “Trieste in Meta”, e nasce da un’idea semplice ma potentissima: portare il rugby gratuito nei quartieri più fragili della città, creando uno spazio aperto a tutti, dove crescere, divertirsi e imparare insieme.
Circa settanta bambini, provenienti da contesti diversi e spesso difficili, si incontrano ogni settimana all’Oratorio dei Salesiani di via dell’Istria per correre, passarsi la palla, cadere e rialzarsi, dentro e fuori dal campo. Alcuni di loro affrontano anche difficoltà neuro-cognitive, ma grazie al supporto costante di allenatori formati e di professionisti del settore, tutti giocano alla pari. Nessuno resta indietro.
Il cuore pulsante del progetto è un team affiatato di persone che ci credono davvero: Sergio Capaccioli, ex-giocatore e co-fondatore dell’iniziativa, insieme ad Alessio Feltrin, che ha sognato e costruito questa realtà con il sostegno della V Circoscrizione del Comune di Trieste e della Fondazione Pittini, Daniele Peluso, capo allenatore con patentino Special Olympics, che coordina gli allenamenti con passione ed esperienza e la dottoressa Antonella Zadini, neuropsichiatra infantile e presidente dell’associazione Progetto Riabilitazione – Autismo, che affianca gli allenatori per garantire un approccio inclusivo e su misura.
Ma la vera forza di Trieste in Meta sono i volontari: giocatori ed ex giocatori del Venjulia Rugby Trieste e del REP, che offrono tempo, energia e cuore per dare qualcosa indietro alla propria comunità. E il progetto non si ferma: il prossimo anno punta ad aprire un secondo polo nella zona di Valmaura, con l’obiettivo di coinvolgere ancora più famiglie e creare nuovi spazi di inclusione attraverso lo sport.
Scopri di più e ascolta le voci dei protagonisti nell’intervista completa.